Nel cuore di Roma antica la Soprintendenza per i beni archeologici di Roma ha ricreato le suggestioni degli antichi giardini sul Palatino. Tra rose, cotogne, viburni, pervinche, petunie e verbene una passeggiata alla scoperta dei fasti del passato, da Augusto ai Farnese.
Il percorso di visita si articola in 8 stazioni, cui si aggiunge il cosiddetto Criptoportico neroniano, dove viene allestita l’area didattica che illustra la storia dei luoghi interessati.
1) Il giardino della Casa di Augusto
2) I fiori azzurri nel Ninfeo ellittico
3) Orti e giardini nelle stampe antiche in mostra alla Casina Farnese
4) Le piante e il vetro per imitare l’ acqua della fontana ottagona
5 e 5a) Le petunie e la plumbago nei peristili della Domus Augustana
6) Le verbene dello Stadio
7) Le essenze del Vivaio Farnesiano
8) Il giardino di rose antiche negli Orti Farnesiani
La storia degli spazi verdi del Palatino, dal momento in cui furono formati ai nostri giorni, rappresentano la storia stessa delle specie vegetali, che hanno arricchito i nostri giardini in questi secoli. Allestiti in maniera sontuosa in età imperiale, trasformati in parte in Orto Botanico dai Farnese, per accogliere soprattutto le nuove piante importate dalle Americhe, furono ripristinati nell’Ottocento ad opera dell’archeologo Giacomo Boni. Accanto alla flora “classica” romana, vi volle introdurre anche le nuove piante che a partire dalla fine del ‘700 arrivavano dall’Oriente e dal sud Africa grazie all’intensificarsi degli scambi commerciali favoriti dal dominio inglese e che hanno costituito nel tempo l’erbario della flora ornamentale italiana. Il vivaio che riuniva queste piante viene oggi riproposto negli Orti farnesiani.
Numerose testimonianze letterarie e alcune iconografiche hanno consentito di riprodurre i giardini di età imperiale, sebbene non sia possibile conoscere con esattezza quali fossero le specie effettivamente coltivate nei vasti peristili, anche per l’impossibilità di condurre indagini scientifiche per le vicende che hanno caratterizzato i luoghi nel corso dei secoli.
Per questo motivo è stata dedicata particolare attenzione ai ninfei presenti sul Palatino, dei quali restano i confini ben definiti. Per restituire l’immagine di un ninfeo, ferma restante la forma, si è pensato di richiamarne le due componenti fondamentali, ossia il / i materiali in cui è costruito e l’acqua: nel primo caso sono state utilizzate fioriture bianche (marmo), nel secondo fioriture nelle diverse tonalità di blu-azzurro (acqua). Con tali criteri sono stati ricostruiti tutti i ninfei, variando, però, le specie (Plumbago, Surfinia, Solanum, Convolulus, Verbena, Tapiens e Petunia nei colori bianco e gamma del blu e viola). La tecnica usata per rendere visivamente l’idea dei ninfei è, infatti, assimilabile a quella della mosaico coltura, che è di spettacolare impatto estetico, concentrandoci su piante (circa 12.000) in soli due colori, con predominanza di quelle azzurro-blu. Diverso è invece il caso del peristilio della casa di Augusto, solo in parte scavato: l’intimità del luogo ha suggerito di riproporre in vivo, e quindi in rapporto 1:1, la struttura del giardino raffigurato sulle pareti affrescate della Villa di Livia attualmente esposte nel Museo Nazionale Romano in Palazzo Massimo. Le specie utilizzate, i cui macro e micro resti sono stati rinvenuti anche negli antichi giardini pompeiani, sono rigorosamente quelle raffigurate negli affreschi - melograni, viburni, oleandri, cotogni, rose, cipressi, pervinche -insieme ai due grillages, che nella pittura ripartivano il giardino, e poi il platano, l’abete e il pino, specie estranee secondo Plinio alla flora autoctona del tempo, e forse celebrate in questi affreschi come specie ornamentali di recente introduzione.
Specie che sono poi oggetto, insieme ad altre, del percorso didattico relativo alla flora di età imperiale realizzato ricorrendo anche alle citazioni dei classici, a completamento dell’illustrazione dei giardini del tempo e presentato e illustrato in una serie di pannelli presentati nel criptoportico cosiddetto neroniano.
Per quanto concerne gli Orti Farnesiani, è chiaro che il loro recupero è di fatto impossibile. In quest’area i Farnese allestirono un Hortus secondo un criterio collezionistico. La ragione fu dovuta dall’arrivo di nuove specie dalle Americhe, come la yucca e l’agave. Nel Novecento poi, l’archeologo Giacomo Boni allestì un giardino all’italiana a conclusione degli scavi promossi per riportare alla luce le dimore imperiali. Piantò cipressi e lauri, ma accolse anche specie importate a seguito dell’espansione del dominio inglese come peonie e camelie. Con questo evento si ripropongono, in un’area che nella vita recente del giardino ha fatto tradizionalmente da vivaio, le piante raffigurate nelle tavole seicentesche dell’Aldini e del Ferrari, con apposite didascalie che segnalano le specie che arrivarono in Europa a partire dalla fine del ‘700 quali la glicine, le bouganvillee, il mandarino, le peonie, i ciliegi e i meli da fiore, le gerbere, per citarne solo alcune. Sicuramente desterà meraviglia nei visitatori meno esperti constatare che piante oggi a noi notissime come la Yucca, la Passiflora, l’Agave, la Mimosa furono introdotte in Europa per la prima volta dalle Americhe proprio negli “Orti Farnesiani”, e con esse i pomodori, i peperoni e i peperoncini, il tabacco e il fico d’ India, per citare solo quelle più note, che hanno contribuito a modificare abitudini alimentari e paesaggio. L’intero roseto, costituito negli anni Sessanta, è stato anch’esso rinvigorito in quest’occasione utilizzando varietà rigorosamente ottocentesche.
La genesi e la ricchezza degli Orti Farnesiani vengono invece narrate attraverso un’esposizione di stampe riunite nella Casina Farnese, riaperta al pubblico in questa occasione. La Casina, che utilizzava le strutture antiche nel sottosuolo come fondazioni, non aveva carattere abitativo. Era un “punto d’appoggio”, destinato a brevi soggiorni, visite, appuntamenti galanti, colloqui segreti, ma soprattutto per l’osservazione del panorama. In questa occasione sarà possibile seguire il restauro degli affreschi del loggiato realizzati da artisti riconducibili all’ambiente degli Zuccari.
Il progetto ideato da Electa con la Soprintendenza speciale per i Beni Archeologici di Roma è curato da Annamaria Ciarallo, Giuseppe Morganti, Maria Antonietta Tomei .
Informazioni tecniche
Non si effettua chiusura settimanale.
La biglietteria chiude un’ora prima
Ingresso Palatino
via di San Gregorio 30
intero € 12,00
ridotto € 7,50
Lo stesso biglietto consente l’accesso al Colosseo e al Foro romano
Informazioni e visite guidate Pierreci/Codess tel. 39.06.39967700 www.pierreci.it
(13-08-2012)
|