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Liberate i fiumi!

È il grido del WWF che spiega “Solo 4 su 30 sono in buona salute” e presenta il censimento dei 600 volontari in un dossier sperando di “clonare” le buone pratiche per passare dal dissesto idrogeologico alla gestione responsabile dei bacini idrografici


Nella giornata di oggi si svolge a Roma il convegno “Fiumi d’Italia. Dal dissesto idrogeologico alla gestione responsabile dei bacini idrografici”, organizzato dal WWF Italia con il patrocinio della Provincia di Roma, al quale parteciperanno l'Assessore regionale all'Ambiente e energia della Toscana Anna Rita Bramerini, il Segretario Generale dell’Autorità di Bacino del fiume Arno Gaia Cecchucci e molti esperti di enti e associazioni responsabili della gestione e del monitoraggio dei corsi d'acqua. Verrà presentato in questa sede il dossier “Fiumi d'Italia” che sintetizza i risultati dell'iniziativa del WWF Italia “Liberafiumi” (vedi link)
La campagna WWF, avviata nel 2010, anno internazionale della biodiversità, ha interessato una trentina di fiumi italiani, analizzati da 600 volontari del WWF e di altre associazioni. E’ stato rilevato lo stato delle fasce fluviali e ripariali, delle zone di esondazione del corso d’acqua e sono state censite le zone umide perifluviali, le aree boscate, le zone agricole, i manufatti, le abitazioni, le cave, le discariche, l’artificializzazione delle sponde e altri aspetti, per avere una visione completa delle aree indagate. Ne è emersa una fotografia allarmante: il dossier evidenzia che i nostri fiumi stanno male a causa del diffuso dissesto idrogeologico, dei continui interventi di canalizzazione e artificializzazione degli alvei, dell’urbanizzazione delle aree di naturale esondazione, della non buona qualità delle acque e della progressiva e drammatica perdita di biodiversità, testimoniata dall’elevato numero di pesci in pericolo di estinzione.
Durante il convegno il WWF Italia e Spinning Club Italia, associazione di pesca sportiva impegnata nella tutela degli ambienti acquatici, hanno firmato l’accordo “Un patto per i nostri fiumi” per unire le forze a favore dei corsi d’acqua e della fauna ittica.
Mai più di adesso è infatti indispensabile e urgente un impegno deciso di tutte le istituzioni per garantire il mantenimento o il raggiungimento del “buono stato ecologico” degli ecosistemi d’acqua dolce entro il 2015, come previsto dalla Direttiva Quadro Acque 2000/60/CE.
Dal dossier del WWF i fiumi Melfa, Tagliamento, Angitola e Ciane risultano in buono stato. Seguono a metà classifica, in ordine decrescente, torrente Arzino, Taro, Simeto, Biferno, Sangro, Piave, Ippari, Magra, Adda, Ofanto, Oreto, Savio. Chiudono la classifica Volturno, Sagittario-Aterno, Arno, Aniene, Agri, Tevere, Po di Primaro e buon ultimo il Chiascio.
La classifica mostra quindi come l'Arno, il principale fiume toscano, sia ancora in uno stato ecologico complessivamente non buono a causa in particolare della scarsa qualità delle acque e dell'eccessivo prelievo idrico, anche se ci sono stati negli ultimi anni locali miglioramenti.
Non mancano per fortuna le buone notizie: in uno dei 30 tratti fluviali censiti dal WWF, il fiume Agri nel cuore del Parco dell'Appennino Lucano in Basilicata, a poche ore dall’evento dedicato dal WWF ai fiumi italiani sono stati fotografati e filmati dai responsabili locali dell’associazione 3 splendidi esemplari della rarissima lontra (Lutra lutra) intenti a nutrirsi in un laghetto adiacente al fiume.
Ma molto resta da fare, come dimostrano le diverse problematiche evidenziate dal WWF nel dossier, interamente consultabile nelle pagine web dell'associazione (www.wwf.it) e riassunti di seguito.

SINDROME DELL'ABBANDONO PER I FIUMI ITALIANI
Il ritardo politico, istituzionale e culturale nella gestione dei fiumi, unito ad una endemica incapacità di affrontare per tempo e responsabilmente i problemi ambientali sono forse le principali cause per comprendere i mali dei nostri fiumi fotografati dal censimento WWF.
Mali come la canalizzazione e la diffusa infrastrutturazione della rete idrografica, il consumo e l’impermeabilizzazione dei suoli che dovrebbero essere lasciati all’esondazione naturale, la continua distruzione della vegetazione che cresce lungo le sponde, i progetti di navigazione come ultima scusa per cavare sabbia e ghiaia dal letto dei fiumi, l’aumento e la diversificazione degli usi dell’acqua, fino alla produzione della neve artificiale.
A questo si aggiunga un devastante incremento dei piccoli impianti idroelettrici, incentivati con i fondi per le energie rinnovabili, soprattutto sull’arco alpino dove si tende a non “perdere” un goccio d’acqua, a scapito del minimo deflusso vitale e con buona pace per chi sta a valle.
Ma anche l’agricoltura, la florovivaistica e la zootecnia producono impatti ambientali estremamente pesanti ai corsi d’acqua e alle falde in molte parti del Paese, come nella media pianura padana tra l’Oglio, il Po e il Mincio o nella piana pistoiese dell’Arno.
Gli eccessivi prelievi d’acqua per i differenti usi, spesso scoordinati tra loro, hanno stravolto i regimi naturali dei corsi d’acqua, enfatizzando i fenomeni estremi (magre e piene) ai quali, recentemente, si sono aggiunte le conseguenze dei cambiamenti climatici.
Nel rapporto appena ultimato dall’Agenzia europea per l’ambiente si conferma, infatti, come tra il 1998 e il 2009 i disastri naturali hanno causato in Europa poco meno di 100 mila morti, hanno colpito 11 milioni di persone e hanno prodotto danni per 150 miliardi di euro.

I PESCI ITALIANI PARLANO ‘TROPPE’ LINGUE
In questa generale situazione di vulnerabilità degli ecosistemi acquatici negli ultimi anni si è avuto un aumento delle specie animali e vegetali “alloctone” (cioè non tipiche di quell’ambiente), che hanno ulteriormente contribuito ad impoverire la biodiversità originaria e ad alterare gli habitat. La “lista rossa” delle specie di pesci italiane mostra una situazione allarmante un po’ per tutte, in particolare per lo Storione, lo Storione ladano e la Lampreda di fiume, che in Italia sono considerate praticamente estinte. Ma anche pesci apparentemente comuni come l’Anguilla, il Triotto, la Tinca, il Luccio, la Scardola e il Latterino da pochi anni sono considerati “quasi a rischio” e sembrano proseguire il loro trend negativo anche dai dati raccolti dal censimento WWF. Di contro aumentano le specie alloctone che, grazie alla vulnerabilità crescente degli ecosistemi fluviali e alle infelici immissioni, continuano a diffondersi: è il caso dell’Abramide, del Siluro, della Pseudorasbora, del Cobite di stagno orientale, che si sono aggiunte alle numerose già presenti e “naturalizzate”, come il Persico sole, il Persico trota, il Pesce gatto, la Gambusia, il Lucioperca, il Carassio, la Trota iridea e tanti altri. In totale gli studi identificano almeno 112 specie faunistiche alloctone, tra invertebrati e vertebrati, presenti nel nostro Paese.

LA ‘COSTANTE’ DEI FIUMI: LE DISCARICHE
Un capitolo del dossier è poi dedicato alle discariche abusive di rifiuti ritrovate lungo tutti i tratti censiti. Solo sul Volturno ne sono state rilevate 65, mentre erano 51 sull’Agri (Basilicata), 25 sul Sangro (Abruzzo) e 24 sull’Ofanto (Puglia), per citare solo i casi più eclatanti. Dei tratti fluviali censiti dal WWF ben 12 sono interessati da depositi o presenza di eternit.
• Per passare dal dissesto idrogeologico alla gestione responsabile dei bacini idrografici il WWF ha elaborato alcune proposte concrete.

RINATURAZIONE: PER TRASFORMARE “BOMBE A OROLOGERIA” IN AMBIENTI SANI E SICURI
La vera risposta per diminuire i danni provocati da frane e esondazioni sempre più frequenti è la rinaturazione dei corsi d’acqua per ripristinare le caratteristiche ambientali e la funzionalità ecologica degli ecosistemi, perché solo un ambiente sano può reagire adeguatamente ad alluvioni, siccità e dissesto idrogeologico.
Occorre ripristinare la qualità dell’acqua, ridurre le opere idrauliche di sfruttamento e difesa restituendo spazio al fiume (anche attraverso delocalizzazioni e modifiche urbanistiche innovative), ristabilendo le dinamiche fluviali (riequilibrio nel trasporto di sedimenti, possibilità di divagare e di esondare in modo diffuso, ripristino di un regime idrologico più prossimo a quello naturale) e il ruolo di corridoio ecologico, attraverso la riqualificazione della vegetazione della fascia riparia.

DOVE TROVARE I FONDI
Al di là di un necessario aumento delle disponibilità da parte del Governo, si dovrebbero poter utilizzare molte risorse che sono presenti sul territorio e che già, in teoria, dovrebbero essere utilizzate per far fronte al dissesto idrogeologico o per favorire la riqualificazione dei bacini idrografici. Le principali sono quelle derivanti dai canoni per l’uso dell’acqua che, sebbene spesso troppo bassi, derivano dalla produzione idroelettrica, dalle attività agricole, dalle concessioni per la captazione di acque minerali e termali, dalle concessioni dei diritti di pesca, dalle concessioni per il demanio idrico ecc. Con un uso intelligente e coordinato di queste risorse si avrebbero già sufficienti mezzi per un serio cambio di rotta.

5 BUONE PRATICHE PER AIUTARE I FIUMI, TUTTE DA “CLONARE”
Il WWF avanza una serie di proposte sulla scorta di esperienze e buone pratiche già in corso di realizzazione nel nostro Paese, tra cui:

RIFORESTAZIONE DEL PO NEL MANTOVANO

La Provincia di Mantova, dal 2007, ha attivato la forestazione a scopo ecologico e naturalistico delle zone di demanio idrico nelle golene del Po, anche a seguito delle proposte avanzate dopo il censimento WWF del 2001. I fondi occorrenti derivano in buona parte dall'iniziativa della Regione Lombardia "10.0000 ettari di nuovi boschi e Sistemi Verdi multifunzionali”. Il primo intervento si è concluso nel 2009 con l'impianto di 60.000 piante su circa 50 ettari di superficie. Con la richiesta di concessione di altre aree, il progetto sta proseguendo, per creare un patrimonio da lasciare alle generazioni future.

DARE SPAZIO AL FIUME: IL PROGETTO SULL’ESINO NELLE MARCHE
Il fiume Esino all’interno della Riserva Naturale oasi WWF Ripa Bianca è spesso soggetto a ripetute inondazioni che interessano prevalentemente i terreni agricoli limitrofi il fiume. Il progetto della Riserva per gestire le esondazioni prevede di trasformare i terreni agricoli in un’area dove il fiume possa scorrere liberamente ritrovando i suoi spazi naturali nei momenti alluvionali, potenziando così la funzionalità ecologica dell'area e riducendo il rischio per le zone più a valle.

EDUCAZIONE AMBIENTALE LUNGO L’ANIENE
Nel 2005 il WWF Lazio, con il contributo e la collaborazione della Provincia di Roma, ha avviato un programma per la conoscenza e la valorizzazione del fiume Aniene. Il progetto ha prodotto un programma di educazione ambientale per la conoscenza dell’ecosistema fluviale da parte delle scuole elementari con lo svolgimento di un laboratorio didattico lungo il fiume. Sono stati poi redatti due manuali di educazione ambientale, destinati ad insegnanti ed alunni da promuovere anche in altri comuni della media valle dell’Aniene, in cui sono riportate le testimonianze più interessanti dell’esperienza educativa condotta dai ragazzi di Subiaco.

ECO-CERTIFICAZIONE EUROPEA DELL’IDROELETTRICO
Il problema della diffusione indiscriminata dell’idroelettrico può, almeno in parte, essere affrontato da una certificazione che tenga conto dei bacini idrografici su cui insistono queste attività. Il progetto europeo CH2OICE, al quale partecipa il WWF Italia, promuove adeguati criteri per il “bollino verde” ai sistemi idroelettrici che rispettano il più possibile l’integrità del bacino idrografico in tutte le sue componenti ambientali. E’ stata così sviluppata, con il contributo di esperti provenienti da 5 paesi europei (Italia, Slovenia, Francia, Slovacchia e Spagna), una metodologia di certificazione per la produzione di energia idroelettrica che, da una parte, consenta ai produttori di verificare volontariamente la compatibilità dei loro impianti con il buono stato ecologico dei corsi d’acqua interessati, dall’altra, permetta agli enti pubblici e agli utilizzatori finali di verificare l’effettiva sostenibilità ambientale dell’energia prodotta. Il lancio ufficiale a livello europeo di questo marchio di certificazione avverrà il 25 febbraio a Roma (www.ch2oice.eu).

CONSERVAZIONE DELLA TROTA MARMORATA NELL’ADDA
Un programma di conservazione della trota marmorata è stato avviato già dal 1999 sul fiume Adda grazie alla collaborazione delle Province di Lodi e Cremona con l’associazione Spinning Club Italia ed altre associazioni locali. Dopo aver raccolto dati sulla popolazione e lo stato dell’habitat sono state realizzate azioni per recuperare le uova del pregiato pesce durante le asciutte invernali, per farle sviluppare in incubatoi della Provincia e poi reintrodurre gli avannotti nel periodo adeguato. In questo modo è stato possibile salvaguardare un’importante popolazione di questa specie endemica del nord Italia,

(27-01-2011)




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Pubblicato in S.Mariano - Perugia - Italia - Ultimo aggiornamento: 27-01-2011 alle :