I tipi di biocombustibili sfruttabili possono essere biomasse di origine legnosa come tronchetti, cippato, bricchetti, segatura, pellet; biogas; biomasse da prodotti agricoli come mais, frumento, orzo, avena, paglia, fieno, pellet di foraggio;biomasse da scarti di prodotti agricoli come gusci di nocciole, noci, pistacchi, mandorle, cocco, e anche noccioli di oliva, pesca, albicocca e ciliegia;
biomasse ricavate da scarti di produzione come pellet di juta, pellet di scarti di cacao, pellet di scarti di caffè, carta, cartone, bancali.
I biocombustibili possono essere utilizzati con stufe ad aria calda, termocaminetti, generatori di calore policombustibili in grado di raggiungere rendimenti paragonabili a quelli delle caldaie.
In una casa privata, ad esempio, il generatore a GPL, ad accumulo, può essere affiancato da una caldaia a pellets ed integrato con pannelli solari a circolazione forzata per la produzione di acqua calda sanitaria. La spesa media annua si può ridurre anche del 57%.
Questo risparmio e la detrazione fiscale del 36% consentono l'ammortamento del costo in tempi relativamente brevi.
C’è un ulteriore aspetto, non trascurabile, che rende i biocombustibili invitanti e riguarda i costi crescenti degli idrocarburi nel tempo. L’approvvigionamento di combustibili fossili è destinato ad esaurirsi in un tempo che va da qualche decennio al secolo, mentre i biocombustibili possono essere sempre disponibili, a patto che la loro produzione sia gestita assennatamente.
Come funzionano le caldaie a biomasse.
Il materiale (cippato, pellet…) viene trasferito nel focolare della caldaia con una coclea che si attiva in genere ogni 3 minuti, per un tempo regolabile.
Il bruciatore è una specie di crogiolo dal centro del quale emerge il combustibile spinto dalla coclea. L'aria viene spinta da un ventilatore ed esce da alcuni fori lungo il perimetro esterno e interno del crogiolo.
Per migliorarne il rendimento, le caldaie a biomasse sono dotate di un termostato che spegne la ventola se la temperatura dei fumi supera i 200°C.
Il fuoco che si sviluppa dentro e attorno al crogiolo lambisce le pareti e la volta del focolare; i fumi escono dalla parte frontale, passano dentro il fascio tubiero e imboccano il camino.
L'uso di una caldaia a biomasse (di dimensioni di 3500 kcal/h) richiede manutenzione del focolare come se si trattasse di un caminetto. La sera bisogna accenderla a mano e ogni settimana bisogna ricaricare la tramoggia e pulire dalla cenere. Il rendimento di un sistema con queste caldaie è molto più alto rispetto a una stufa a legna perché questa emana il calore tutto nello stesso punto e difficilmente riesce a scaldare una casa di 300 mq.
Caldaie non inquinanti
Una caldaia a biomasse non inquina perché l'anidride carbonica emessa durante la combustione è quella che è stata assorbita durante la crescita della pianta. Bruciando, viene semplicemente restituita all'ambiente. Quindi in un arco di tempo pari a: crescita della pianta + la sua combustione, il bilancio complessivo di CO2 nell'aria non è cambiato. Coltivare biomassa (legno, paglia...) per riscaldamento domestico è quindi una soluzione ottimale nel rispetto dell'ambiente.
Secondo gli esperti se si convertissero tutti gli impianti di riscaldamento con caldaie a biomassa, si otterrebbe una riduzione delle emissioni di CO2 del 30%, e anche dell’inquinamento da polveri, dato che una caldaia domestica non ha alcun filtraggio dei fumi.
Cristina Moretti
(28-09-2010)
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