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cultura

Hsiao Chin. Viaggio in-finito alla Triennale

Un’antologica documenta l'attività dell’artista cinese Hsiao Chin, attraverso una selezione di oltre 100 dipinti a olio o acrilico su tela. Dal 17 febbraio al 5 aprile 2009


La Triennale di Milano in collaborazione con la Fondazione Marconi presenta un’ampia antologica dell’artista cinese Hsiao Chin, di cui sono documentati 53 anni di attività attraverso una selezione di oltre 100 dipinti a olio o acrilico su tela, fra i quali molti inediti mai esposti in precedenza.
La pittura di Hsiao Chin si pone come mediazione tra l'Occidente e le filosofie orientali, mettendo in dialogo l’estetica dell’arte occidentale con quella della cultura d’origine dell’artista.

L’allestimento segue un criterio cronologico e presenta opere esemplari di tutto il percorso artistico di Hsiao Chin, suddivise in nove periodi, che permettono di capire la sua costante evoluzione e i suoi riferimenti culturali, filosofici ed esistenziali:

1955-58 periodo di studio;
1958-63 periodo taoista, caratterizzato dalla riflessione sulla filosofia taoista e dalla ricerca di una perfetta armonia con la Natura;
1964-67 periodo di ricerca sul Mandala tibetano;
1970-73 periodo dell’Hard Edge, che segna un deciso cambiamento artistico ed esistenziale;
1974-80 periodo Ch’an (Zen), in cui l’artista si riavvicina alle filosofie orientali e approfondisce la conoscenza del Buddismo Zen;
1981-89 periodo Qi, in cui si dedica allo studio per aumentare l’energia vitale e il Qi;
1989-90 periodo della tragedia di Tienanmen, un momento drammatico contraddistinto dalla reazione alla strage e ai soprusi di Tienanmen;
1991-95 periodo della Grande Soglia, che può essere considerato come il momento della rinascita in seguito al dramma personale per la scomparsa della figlia Samantha e il superamento della Grande Soglia per arrivare a indagare le dimensioni dell’universo;
1996-2008 periodo delle indagini dimensionali, momento di ricerca intriso di una intensa spiritualità.

Nato a Shangai nel 1935, Hsiao Chin è figlio del musicologo Hsiao Xue-peng, fondatore del Conservatorio Nazionale di Musica di Shangai. A quattordici anni lascia la Cina per Taiwan.
A partire dalla fine degli anni cinquanta, nelle sue opere intreccia motivi culturali orientali, mutuati dalla cultura Tao e Zen, e occidentali, in particolare dopo i suoi viaggi in Europa e negli Stati Uniti dove ha modo di confrontarsi con l’ambiente artistico del periodo.
Le opere che vanno dal 1951 al 1956 sono caratterizzate dall’influenza dei Fauves, in particolare Matisse, Cezanne e Gauguin, la cui pittura viene però contaminata da riferimenti iconografici orientali come il calligrafismo, gli ideogrammi e l’impiego di colori tipici dei costumi del teatro popolare cinese.
Nell’impiego degli ideogrammi, il segno viene separato dal suo significato convenzionale e mentre in alcune opere il rapporto verbale e visivo è più immediato, in altre le forme allusive che richiamano la scrittura aumentano l’alone di indeterminatezza dell’opera.
Nel 1955 Hsiao Chin fonda il gruppo Ton-Fan, che ha un ruolo decisivo nel contesto artistico cinese perché vi introduce i fermenti della pittura astratta.
Nel 1956 ottiene una borsa di studio dal governo spagnolo e si reca a Madrid e Barcellona, dove conosce Tàpies.
A 21 anni l’artista arriva in Europa non con la volontà di frequentare istituti d’arte o accademie ma con il desiderio di lavorare direttamente fianco a fianco con grandi artisti per poter ampliare il proprio bagaglio culturale e le proprie potenzialità espressive.
L’artista si avvicina così all’Informale e approfondisce lo studio di luce, colore, superficie, materia e tratto. Alterna opere materiche caratterizzate da un’esecuzione veloce e casuale con altre in cui ricorrono figure geometriche.
Nel 1959 si stabilisce a Milano, dove frequenta Lucio Fontana, Roberto Crippa, Piero Manzoni, Enrico Castellani. È un momento importante per la sua vita e per la sua carriera, che corrisponde all’inizio della lunga collaborazione con il gallerista Giorgio Marconi, alla conoscenza di tanti artisti internazionali, alla fondazione del Movimento Internazionale Punto, basato sulla trascendenza della vita terrena a vantaggio di un’esistenza più profonda, meditativa e spirituale.
L’adozione dello stile corsivo della calligrafia cinese fa la sua comparsa nelle opere del 1961, insieme con l’impiego di superfici dove domina il bianco.
Le opere realizzate tra il 1958 e il 1963 risentono degli insegnamenti taoisti e dall’idea di armonia universale che lega tutti i livelli del cosmo, Cielo, Terra e Uomo.
Di grande importanza per l’artista la visita a New York nel 1967, dove rimane fino al 1971 e incontra Mark Rothko, Willelm de Kooning, Robert Rauschenberg e Roy Lichtenstein.
Nelle opere di questo periodo compaiono grandi cerchi, isolati o in gruppo, intorno ai quali si sviluppano strutture geometriche simmetriche. Il cerchio ha un significato simbolico e spirituale, rappresenta l’universo e l’origine di tutte le cose. Il colore non è più steso in modo uniforme, ma viene interrotto da altri colori.
Le tele realizzate tra il 1967 e il 1972 costituiscono la “serie solare”. La rappresentazione del sole ha un’importanza primaria in Hsiao Chin e si unisce ad altri elementi di ispirazione naturalistica, come il cielo, la cascata, il vento, la pioggia.
Questo tema ricomparirà in seguito nella serie La nascita del nuovo mondo e, negli ultimi anni, in ampie tele nelle quali l’artista trae ispirazione da grandiosi eventi cosmici.
Dal 1974 l’artista si riavvicina alle filosofie orientali, in particolare approfondisce lo studio del Buddismo Zen.
Verso il 1975 le linee sinuose e fluttuanti caratteristiche delle opere degli anni sessanta vengono abbandonate in favore di contrasti netti tra le superfici e l’uso di colori caldi e freddi.
Un ciclo di opere sviluppato dal 1989 al 1990 riflette invece la tensione del clima politico e culturale conseguente ai drammatici fatti di piazza Tienanmen, che colpiscono profondamente l’artista.
A partire dalla metà degli anni novanta, la serie La nascita del nuovo mondo ha per soggetto cerchi e quadrati accostati, figure simboliche che la cosmologia cinese associa al Cielo e alla Terra, al principio attivo e a quello passivo. Queste opere si distinguono per l’impiego di una ricca gamma cromatica e un approccio gestuale alla tela.
Nella sua produzione più recente l’artista approfondisce la ricerca introspettiva. Scaturiscono forme geometriche, sfere e ellissi, costruite attraverso cerchi concentrici e attraversate da schizzi di colore.
Tutta l’opera di Hsiao Chin è caratterizzata da un costante mutamento, può essere considerata un’esplorazione, un viaggio, nel tentativo di tramutare in arte il flusso della natura attraverso la sintesi di Oriente e Occidente e la conciliazione degli opposti: colori caldi e freddi, spazi vuoti e pieni, forme rigide e flessuose, simmetrie e asimmetrie.

Biografia
Hsiao Chin nasce a Shanghai nel 1935. Dopo i primi studi d’arte, partecipa nel 1956 alla fondazione del gruppo Ton-Fan, che raccoglie pittori di tendenza astratta. Grazie a una borsa di studio istituita dal governo spagnolo si reca a Madrid e a Barcellona, dove nel 1957 tiene la prima personale e una collettiva dedicata al gruppo Ton-Fan. Alla fine degli anni cinquanta comincia la sua riflessione sulla filosofia taoista; si stabilisce a Milano, dove inizia a esporre regolarmente da Giorgio Marconi. Nel 1961, insieme ad Antonio Calderara fonda il movimento Punto, al quale si aggiungono membri dell’avanguardia internazionale. La sua ricerca fonde elementi della cultura e della spiritualità orientale con la profonda conoscenza della modernità artistica occidentale. Dopo lunghi soggiorni a Londra, Parigi e New York, torna a Milano nel 1971 e inizia a dedicarsi all’insegnamento (prima all’Istituto Europeo di Design, poi all’Accademia di Belle Arti di Brera). Nel 1988 lo Studio Marconi gli dedica una prima grande retrospettiva. L’anno seguente inizia la serie Dalla primavera di Pechino al massacro di Tienanmen, ispirata ai drammatici eventi del 1989, mentre il ciclo La Grande Soglia, che realizza a partire dal 1990-91, nasce da una riflessione sulla vita e sulla morte dopo la scomparsa della figlia Samantha. Tra le principali esposizioni degli ultimi anni vanno ricordate le retrospettive di Taipei (1995), Taichung (1996), la grande antologica del 2002 a Milano presso lo Spazio Oberdan, Lattuada Arte, Giò Marconi e la Fondazione Mudima, e nel 2006 la mostra presso il Museo Nazionale d’Arte di Pechino.


Hsiao Chin. Viaggio in-finito
1955-2008
Triennale Bovisa

17 febbraio - 5 aprile 2009
Inaugurazione 16 febbraio 2009, ore 19.00
L’esposizione è il frutto di una collaborazione tra la Fondazione La Triennale di Milano e la Fondazione Marconi
A cura di Maurizio Vanni
Catalogo Carlo Cambi Editore

(25-02-2009)




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Pubblicato in S.Mariano - Perugia - Italia - Ultimo aggiornamento: 25-02-2009 alle :