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Lavoro e sicurezza, è anche questione di cultura

Per limitare gli infortuni non bastano né leggi né controlli. È la forma mentis che fa (o anzi farebbe) la differenza. Per questo bisogna partire dai banchi di scuola


L’alto numero di infortuni e di morti sul lavoro che ancora si verificano in Italia sono dovuti principalmente alla non osservanza delle norme relative alla igiene e sicurezza sul lavoro. Rendere il lavoro sicuro, spezzare la tragica catena di infortuni e morti, è una necessità che deve accomunare l’azione del governo, delle istituzioni locali e delle parti sociali.
Per limitare gli infortuni (e quindi anche le spese che lo Stato sopporta per curare e risarcire il lavoratore), però, non bastano né le leggi né l’azione di verifica e vigilanza dei vari organi preposti (Ispettorato del Lavoro, Ispesl, Ausl-Spesal, ecc.); è necessario, al contrario, creare una cultura della sicurezza sul lavoro sia nei lavoratori, attuali e futuri (attualmente studenti) che nei datori di lavoro, sia pubblici che privati.
Per i datori di lavoro privati è forse sufficiente fargli notare il beneficio economico che deriva dall'applicazione delle norme di sicurezza con la consequenziale riduzione dei costi derivanti dal minor numero di infortuni. Per i datori di lavoro pubblici la questione risulta un po’ più complicata a causa della eccessiva burocrazia esistente che delle volte viene utilizzata anche in modo strumentale.
Ma come si fa a creare la cultura della igiene e sicurezza?
Un primo passo potrebbe essere introdurre l'igiene e sicurezza sul lavoro e nella vita in generale come materia di studio, inserendola nei programmi didattici, a partire dalle scuole elementari e fino all'università senza distinzione d'indirizzo. Insegnando la sicurezza a scuola, è più facile che questa entri, come una serie di buone pratiche, nella coscienza profonda dei lavoratori e degli imprenditori di domani. È nel patrimonio dei valori delle persone che si deve insediare la cultura della sicurezza.
Non solo regole da rispettare, non solo obblighi da adempiere, ma piena consapevolezza che lavorare in sicurezza, oltre a tutelare la vita umana, aumenta la ricchezza di un Paese, ne taglia alla radice una parte di costi sociali ed è motore per una sana competitività economica. Perché non può esserci contrapposizione tra il binomio salute e sicurezza da un lato e difesa e sviluppo dell’occupazione dall’altro.
Un secondo passo verso la definizione di “buone prassi” che portano a una cultura della sicurezza consiste nella rimozione di alcuni luoghi comuni come, in primo luogo, quello secondo cui l’infortunio sul lavoro è una fatalità. A smentirlo sono le caratteristiche, le tipologie e la dimensione del fenomeno. Fino a quando il profitto, l’impresa, la produzione e la competizione, vengono prima del lavoro, del suo valore sociale, della persona umana e l’intero sistema sceglie di non dare un valore prioritario al lavoro, alla sua dignità e alla sua qualità come elemento fondamentale per stare nel mercato, allora l’infortunio e le sue drammatiche conseguenze devono essere “messi nel conto”. Esiste un nesso forte tra sicurezza e modello di sviluppo e, per quanto possa sembrare incredibile, in Italia si muore oggi sul lavoro come cinquant’anni fa, nonostante l’ausilio di nuove tecnologie. Ciò significa che il problema non va limitato all’utilizzo di materiali o tecniche all’avanguardia ma al rapporto tra questi ultimi e l’apporto umano insieme alle condizioni in cui il lavoro si sviluppa.
La costruzione di una cultura della sicurezza passa necessariamente attraverso una riflessione profonda su questi temi e sul loro intreccio.
In Italia l’attenzione per il tema della sicurezza nei luoghi di lavoro deriva, in gran parte, dall’intensa attività legislativa che è seguita al recepimento delle direttive comunitarie in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro. La legge 626 del 1995, in primis, ha posto la questione sicurezza al centro dell’attenzione di molte organizzazioni, dando luogo a un gran numero di iniziative e ad un rinnovato interesse per l’approfondimento delle diverse questioni legate alla promozione della sicurezza.
Nel mondo scientifico, e non solo, si registrano gli approcci più disparati al tema della sicurezza, ma su tutti ne prevalgono due. C’è chi intende la sicurezza come una proprietà dei sistemi tecnici, rappresentata dalle moderne tecnologie e artefatti "sicuri" e chi, invece, dando rilevanza all’attività legislativa, la intende come prodotto dell'applicazione di norme e regolamenti che prescrivono comportamenti individuali e collettivi "sicuri". Pur essendo entrambi aspetti fondamentali della sicurezza merita, forse, di essere considerato anche un altro approccio a un tema di così grande rilievo sociale che è, appunto, quello di tipo culturale. Oggi è possibile imparare pratiche di lavoro più o meno sicure e la sicurezza può essere vista come una proprietà frutto diretto di sistemi culturali – siano essi professionali, organizzativi, industriali o sociali - che producono i concetti sociali di cosa sia da considerare pericoloso o sicuro e quali atteggiamenti e comportamenti siano appropriati per rapportarsi al rischio, al pericolo, alla sicurezza.
Per un approccio culturale alla sicurezza, quindi, questa va considerata come una competenza sociale, una capacità collettiva di dar luogo a pratiche lavorative, organizzative e sociali che tutelino sia il benessere individuale sia l'equilibrio ecologico. Deve diventare una competenza che si realizza solo nella pratica, che viene socialmente costruita, innovata e trasmessa ai nuovi membri che entrano a far parte di un sistema di pratiche. Sicurezza è allora sapere-in-azione e conoscenza che viene poi codificata in norme disciplinari.
Un luogo di lavoro “sicuro”, una organizzazione “sicura” sono il risultato di una opera di quotidiana “ingegneria dell’eterogeneo” di elementi diversi - competenze, materiali, relazioni, comunicazioni, eccetera - che fanno parte integrante delle pratiche di lavoro dei membri dell’organizzazione.


Cristina Moretti

(16-02-2009)




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Pubblicato in S.Mariano - Perugia - Italia - Ultimo aggiornamento: 16-02-2009 alle :