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La Sacra Rota annulla un matrimonio fallito su cinque

Le richieste di annullamento dei matrimoni religiosi sono aumentate nell’ultimo triennio del 20-25% annuo; le domande, provenienti da tutto il mondo cattolico, USA in testa, vengono quasi sempre accolte





La Sacra Rota annulla un matrimonio fallito su cinque
Le richieste di annullamento dei matrimoni religiosi sono aumentate nell’ultimo triennio del 20-25% annuo; le domande, provenienti da tutto il mondo cattolico, USA in testa, vengono quasi sempre accolte

In tempi di crisi della famiglia, come quelli attuali, non lascia stupiti più di tanto il sapere che il numero delle richieste di annullamento dei matrimoni religiosi è in continuo aumento e sono sempre di più quelli che, in Italia e all’estero, intraprendono questa strada.
Gian Ettore Gassani, presidente dell’Associazione matrimonialisti civili italiani, denuncia come oggi “…ormai un matrimonio fallito su cinque in Italia viene sciolto da un tribunale ecclesiastico. Le richieste stanno aumentando da tre anni del 20-25%”.
Per coloro i quali si trovassero, loro malgrado, nelle condizioni di voler percorrere questa via, l’iter da seguire prevede che la richiesta di annullamento del matrimonio religioso venga depositata, in prima istanza, presso il Tribunale diocesano regionale locale (uno dei 18 presenti in Italia): se la sentenza è corretta, può bastare un decreto di ratifica del giudice di appello (che vale come seconda istanza); altrimenti l’appello si può celebrare, in caso di dubbi o controversie, sempre nel Tribunale locale o, su esplicita richiesta dei ricorrenti, alla Rota Romana, che è l’ultimo irrevocabile grado di giudizio per i tribunali di tutto il mondo.

L’elevata percentuale di sentenze favorevoli pronunciate dall’apparato mondiale dei Tribunali ecclesiastici locali e dalla Rota Romana centrale, preoccupano Papa Benedetto XVI che, in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario ecclesiastico tenutasi lo scorso 26 gennaio, ha denunciato il modo in cui le giurisprudenze locali interpretano la dottrina delle Chiesa sul matrimonio e richiamato la Sacra Rota al suo ruolo di esempio per l’operato delle chiese locali.
La Rota Romana ha già preso provvedimenti e cominciato ad invertire la tendenza: nel 2007 ha pronunciato 160 sentenze definitive: 79 per la nullità e 81 contrarie; l’anno precedente erano state 172: 96 per la nullità e 76 contrarie; tuttavia nulla può contro l’aumento delle cause: quelle aperte provenienti dall’Italia al 1 gennaio 2008 sono infatti 421 contro le 331 del 2003 e le 215 del 1999.
Il fenomeno riguarda tutto il mondo: nel solo 2005 i matrimoni religiosi sciolti dai Tribunali statunitensi in primo grado sono stati ben 24343 e le sentenze contrarie solo 998; 28844 le nuove domande presentate, sempre negli Usa, e 48655 in tutto il mondo.

La Rota Romana venne formalmente istituita da Giovanni XXII nel 1331 e nel 1834 diventò Tribunale di appello per l’intero Stato Pontificio; la sua attività cessò quasi dopo il 1870 e venne ricostituita nel 1908 da Pio X.
Le attuali norme risalgono al 1994, a Giovanni Paolo II, mentre la normativa attualmente in vigore relativa ai compensi per gli avvocati è del 2004 e prevede cifre fisse ufficiali: le parcelle vanno da un minimo di 1550 euro ad un massimo di 2850, oltre a 500 euro di costi fissi; spese ulteriori possono esservi solo per eventuali definizioni patrimoniali.
A ricevere tali compensi sono 200 avvocati rotali, iscritti in un albo speciale dopo essersi laureati in diritto canonico e aver seguito tre anni di studio rotale, anche se, secondo le statistiche, dal 1 gennaio 2008 il 65% delle cause ha beneficiato del patrocinio gratuito; quanto alla Rota, invece, vi lavorano 21 “Prelati Uditori”: veri e propri giudici di nomina pontificia.

La stragrande quantità di cause di nullità derivano da un “vizio di consenso” o “incapacità consensuale” e, seguendo il testo della “Relazione annuale” della Rota Romana per l’anno 2007, ci si imbatte in una serie di cause psichiche molto variegate, tutte collegate al canone 1095 del diritto canonico (“grave difetto di discrezione di giudizio” e “incapacità di assumere gli obblighi essenziali del matrimonio”).
Tra i casi accettati come ragione di annullamento figurano: “personalità ossessivo-compulsiva”, “personalità passivo-aggressiva e dipendenza dalla madre”, “immaturità affettiva e sessuale”, “delirio di gelosia con abuso alcolico”.
Molto diffusi sono poi i casi di “simulazione del consenso”, con matrimoni celebrati solo per conseguire l’agiatezza economica, oppure le cause di nullità legate alla deliberata assenza di figli: “forte repulsione verso l’idea di maternità”, “prevalente considerazione della prospettiva lavorativa”, “desiderio di tutelare la propria libertà”.

Tuttavia, sebbene le cause siano riconducibili ad un ristretto numero di casi, l’iter può variare, e anche di molto, a seconda del paese in cui si vive.
Negli Stati Uniti, per esempio, la nullità viene quasi sempre riconosciuta e il secondo appello quasi sempre sostituito da un rapido decreto di ratifica, che consente di chiudere la pratica in poco più di un anno.
In Italia, invece, perché la sentenza ecclesiastica abbia efficacia giuridica, occorre una “delibazione” da parte di una Corte d’appello chiamata a controllare che le motivazioni non siano in contrasto con le leggi repubblicane.
Secondo Diego Sabatinelli, segretario della “Lega per il divorzio breve”, “…se si incontra un buon avvocato, la Rota Romana può chiudere una causa anche in un anno e mezzo, massimo due. Così si discrimina il separato cattolico rispetto al separato normale. Ovviamente, è tutta una questione economica. Sappiamo con assoluta precisione e documentazione di cause che costano anche 20000 euro. Si paga e si va avanti.”
Stato e Chiesa perseguono quindi fini assai diversi, ma adottano, a volte, gli stessi mezzi.


Victor Daiani

(13-05-2008)




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Pubblicato in S.Mariano - Perugia - Italia - Ultimo aggiornamento: 13-05-2008 alle :