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Le servitù militari americane in Italia

Un recente articolo ha riportato i dati ufficiali del 2007 relativi ai benefici concessi ai militari americani di stanza in Italia, che hanno prodotto un mancato introito di 47 milioni di euro. Ma non è solo contro di ciò che si battono i comitati di pr


Un articolo apparso sul quotidiano gratuito di Roma “Epolis” lo scorso 28 febbraio riportava i dati ufficiali sui benefici concessi dall’Italia ai militari degli Stati Uniti, di stanza nel nostro territorio, in virtù di un vecchio accordo tra i Governi di Roma e Washington, finalizzato a «potenziare la capacità di risposta militare», come si legge nel testo dell'intesa bilaterale.
Benzina a 40-50 centesimi al litro; sigarette, birra e alcolici a prezzi stracciati; gasolio per riscaldare la casa esentasse; olii combustibili e lubrificanti pagati a metà prezzo: risparmi, in dodici mesi, per migliaia di euro a famiglia.

Un paradiso fiscale, insomma, per chi lavora in divisa a Napoli, in Veneto, in Sardegna, in Toscana, che gli consente di vivere una vita tax-free insieme alle proprie famiglie, come abitasse alle Cayman oppure al Duty Free di un aeroporto internazionale.
La lista dei prodotti franchi, insieme alle istruzioni per ottenere sconti e benefici, si trova nel sito web del “Tax-Free Products Office” del “Naval Support Activity” di Napoli, il comando logistico della Marina Usa nella Penisola.
Dai dati e informazioni ufficiali, risulta che nel 2007 «sono all'incirca 70 i milioni di dollari di tasse (quasi 47 milioni di euro) che le autorità fiscali italiane non hanno riscosso, 80 i comandi Nato che ricevono gasolio combustibile esentasse, 16000 i veicoli privati e di servizio che godono dei tagliandi esentasse per benzina, diesel e lubrificanti e 33000 i militari Usa e Nato che partecipano al programma di alcol e tabacco esentasse e 6000 le famiglie degli Stati Uniti e delle forze Nato che godono del programma per riscaldare le case con gasolio o Gpl esentasse».

Anche per protestare contro questa situazione, ma non solo, sono diversi i comitati e i movimenti che da tempo si battono contro le installazioni militari, nucleari o non, nel nostro territorio.
Il primo comitato sorto in Italia fu quello contro la prima installazione militare USA sul nostro territorio: Camp Darby, vicino Pisa; risale al 1944 e i primi conflitti con la popolazione locale cominciarono quando i militari cercarono di impedire la ricostruzione delle banchine del porto per impedire il traffico commerciale a favore dell’uso militare.
Un’altra base storica è quella di Aviano, vicino Pordenone, dove al rifiuto morale dei pacifisti si affianca un problema di legalità, per risolvere il quale alcuni avvocati hanno intentato un processo: la presenza, non confermata ufficialmente, di bombe atomiche, non solo rende il territorio un obiettivo militare, ma è anche illegale secondo le norme del nostro codice civile; è stato così avviato un tentativo di spostare la lotta sul piano giudiziario.
Poco più sotto c’è Vicenza, dove i cittadini si battono contro i piani di espansione della base Ederle, che andrà ad occupare uno spazio di 1,4 kilometri di lunghezza e 400 metri di laghezza.

In Sardegna, invece, a Capo Teulada sono stati alcuni pescatori a mobilitarsi per difendere il loro diritto a lavorare e nel 2003 sono riusciti addirittura a bloccare alcuni camion che portavano blindati e munizioni dirette in Iraq: d’altra parte è difficile pensare che ciò non sarebbe potuto accadere in una regione dove sono presenti ben 24 dei 60mila ettari di demanio militare in Italia, ai quali vanno aggiunti altri 12.000 di servitù militari.
A Capo Teulada le proteste sono iniziate nel ’96 con 4-5 persone per arrivare alle 700 ed oltre delle manifestazioni più recenti: in questa maniera i pescatori hanno ottenuto 15.000 euro l’anno di indennizzo più la bonifica di 30 miglia di costa; quest’ultima, però, non è stata mai fatta perché costava troppo.

Ma non vi sono solo problemi economici: è la salute a preoccupare di più i cittadini sardi.
Una recente indagine epidemiologica compiuta a Quirra, il paese sardo dove è presente il poligono più grande d’Europa, ha rilevato che su 150 abitanti, ben 20 avevano tumori al sistema linfatico.
Vicino al porto militare de “La Maddalena” sono stati riscontrati 177 tumori al sistema linfatico e 355 melanomi.
Una mobilitazione popolare e diffusa ha portato la politica ad interessarsi del caso e ad annunciare la futura dismissione de “La Maddalena”; nel frattempo però gli americani sono ancora lì e si vuole potenziare Quirra rendendolo anche un polo a fini civili.
Poi ci sono Sigonella, l’unica base aereonavale USA nel Mediterraneo, Ghedi, vicino Brescia, dove ci sono bunkers per 400-500 militari e il comando americano si rifiuta di spiegare a cosa servano e non ammette di detenere l’atomica.

In tutto sono 113 le basi e installazioni militari degli USA censite in Italia e quasi ovunque queste si trovino sono sorti comitati di protesta; solo Val d’Aosta, Abruzzo, Molise e Umbria non ne ospitano: i pacifisti italiani sanno quindi dove cercare “rifugio”.


Victor Daiani

(11-04-2008)




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Pubblicato in S.Mariano - Perugia - Italia - Ultimo aggiornamento: 11-04-2008 alle :