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cultura

“Gesù aveva degli addominali incredibili”

Credo che avrebbe potuto dirlo solo lui, Luttazzi. Le ha suonate davvero bene le sue battute dalle infinite tonalità, accordi perfetti che arrivavano però stridenti alle orecchie del pubblico stordito da tanta, troppa intelligenza. E Barracuda 2007 sia


Indimenticabile Luttazzi nello spettacolo di ieri sera, 26 aprile 2007, al Teatro Turreno di Perugia, e per il torrente di battute esilaranti, e per lo stile con cui ha tirato fuori gli scheletri dagli armadi di mezza Italia, lasciando in entrambi i casi, la platea con poco fiato nel petto.

Definirlo semplicemente un “comico” sembra davvero riduttivo, non perché l’apposizione alluda al genere pop, “basso”, come per secoli è stato etichettato, quanto piuttosto perché calato addosso a Luttazzi, in borghese Daniele Fabbri, il termine “comico” è quasi una camicia di forza.
Senza conati retorici Daniele è di più, molto di più di un comico. Intanto è un uomo, in un Paese di omuncoli, è un novello Gulliver che alla ricerca di sé stesso in altri simili, non trova di meglio che cavalli pensanti.
E poi è un idealista con i piedi per terra, in pratica un ossimoro calzato e vestito, una plausibile iperbole, per questo considerato pericoloso “anche da un ex-terrorista”.
E così mentre destreggia le parole in giochi di prestigio davvero “politicamente scorretti” (evviva! Questa sì che è satira!!), mostra tutto il suo disgusto per il dilagante qualunquismo: basta con chi si dichiara né carne, né pesce, bisogna rivendicare la nostra natura di esseri dotati di arbitrio. Se le scarpe sono due, bisogna infilarle e camminarci, a testa alta magari, non restare con entrambi i piedi in una. Come invece fanno in molti.


“Barracuda 2007” si apre con un Luttazzi adrenalico, disinvolto, sfacciato, molto diverso da quello incontrato sulle scale all’ingresso principale del Teatro, quello è timido, educato, vorrebbe farsi piccolo tra la folla (ma lo sa che tra poco tutti avranno gli occhi puntanti su di lui?).

Dal palcoscenico saluta il pubblico spiegando perché non lo abbiamo visto più alla televisione sul “nazionale”: tutta colpa di una… vaginite.
Eh sì, è proprio lui, Daniele Luttazzi, il Barracuda, quello di Satyricon.

In realtà l’incipit è un pretesto per trascinare il Teatro in due ore di satira ad altissima velocità: sembra di stare su delle montagne russe, ma le rotaie non hanno salite, solo discese.
Come fa a parlare così in fretta resta un mistero, fatto sta che mentre continuano i colpi di fioretto, tutti a segno tra l’altro, il pubblico ride ancora della battuta precedente e già è finita quella successiva.
In pratica in sala la dimensione temporale è quella degli orologi da polso a carica manuale, ma lui invece la squarcia alla velocità della luce.

Poi dopo più di un’ora e mezzo entra nel vivo e risponde da solo alle domande che più frequentemente gli vengono poste: sulla religione, sul matrimonio, sul credo politico… E qui bigotti e benpensanti con il cuore debole, è meglio che stiano alla larga. Infatti dal fioretto passa al mitra, ma non per questo perde la sua robusta e sofisticata classe.
Per intenderci: cosa pensa entrando in Chiesa?
Che “Gesù aveva degli addominali eccezionali” e per forza, era un “salvatore”, per altro ben più credibile di un flaccido Buddha. E autoironizza: “mi immaginate a fare queste battute in Rai” nell’epoca del Governo Prodi due bis Vaticano?
In effetti… ma come sarebbe bello!

Parla delle “epurazioni”, sì, del trattamento “bulgaro” insomma. Dice come ha votato e spiega il perché. Lui non è un qualunquista.
E parla delle due sinistre che oggi sono al Governo: quella buona che vuole la guerra e quella cattiva pacifista. A proposito di ossimori.

Perde la vis comica nell’ultimissima parte, c’è poco da ridere in effetti. Ma la sagacia aumenta. Puntualizza che ha vinto contro Berlusconi che lo aveva citato in giudizio per un numero irripetibile di miliardi… Una cifra che fece notizia, uno scoop per tutte le testate cinque anni fa.
Che abbia vinto Luttazzi però non lo sapevamo.

Per usare un’immagine consumata, si potrebbe dire che questo è uno spettacolo dolceamaro, d’altronde la verità spesso amara lo è, come le medicine, ed occorre farsene carico, anche in onore di uomo come Luttazzi che si è battuto per “il diritto costituzionale all’informazione”.

Francesca Mallone

(27-04-2007)




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Pubblicato in S.Mariano - Perugia - Italia - Ultimo aggiornamento: 27-04-2007 alle :