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Legambiente, "No al carbone"

L’associazione ribadisce la propria contrarietà alle centrali a carbone che “rendono poco”, necessitano di ingenti sovvenzioni statali che invece di essere destinate alle rinnovabili, coprono parte dei costi d'estrazione


Puntando l'attenzione sulle 12 centrali a carbone che si trovano in Italia, Legambiente ribadisce un secco "No al carbone" e chiede una politica energetica che persegua gli obiettivi del protocollo di Kyoto, investendo su risparmio e fonti rinnovabili.
Tra le centrali a carbone distribuite sul territorio italiano, una si trova nel cuore dell’Umbria: la Centrale a carbone di Bastardo dell'Enel.
Una vera anomalia se si considera dove è collocata, commenta Legambiente: nel Comune di Gualdo Cattaneo, limitrofa a quello di Giano dell'Umbria, in un territorio che si caratterizza per un'agricoltura di pregio legata al vino (a pochissimi chilometri c'è l'area doc di Montefalco - Sagrantino) ed all'olio di oliva (tutti i piccoli e medi comuni della zona sono città dell'olio).
Inoltre rispetto alle altre centrali a carbone, in genere vicine al mare, per essere approvvigionata della materia prima affronta elevati costi di trasporto (il carbone arriva al porto di Ancona e trasportato a Foligno su rotaia, da Foligno viene trasportato a Bastardo su gomma) e di raffreddamento, che avviene, non potendo utilizzare l'acqua del mare, attraverso due torri a ventilazione forzata.
Le centrali a carbone sono tendenzialmente dannose, non solo perché si tratta della fonte fossile che genera le più alte emissioni specifiche di CO2, ma anche perché la sua presunta convenienza economica è dovuta ad ingenti sovvenzioni statali, come quelli previsti con il CIP6 che invece di essere destinate alle rinnovabili, coprono parte dei costi d'estrazione.

Le 12 centrali italiane che bruciano carbone contribuiscono solo per il 15% alla produzione elettrica nazionale, a fronte di oltre 44 milioni di tonnellate di CO2 (MtCO2), pari al 33% delle emissioni delle centrali termoelettriche (133 MtCO2) e al 7,5% del totale nazionale (583 MtCO2). Un apporto, dunque, tutt'altro che irrilevante in un contesto di forte ritardo rispetto agli obblighi di riduzione (-6,5% entro il 2012 rispetto alle emissioni del 1990, ad oggi si stima un +15%), lamenta Legambiente.
La Centrale di Bastardo, spiega il gruppo ambientalista ricorrendo alla fonte RSA Regione Umbria, produce 150 MWe ed emette 1 milione di tonnellate di C02, in una realtà come quella regionale che vede una produzione di energia totale di circa 860 MWe (escluse le centrali di autoproduzione di piccola taglia) con una emissione di CO2 totale di 6.6 Mton/anno. ()
"Occorre che anche la nostra regione faccia la propria parte per la riduzione di CO2 nel rispetto del protocollo di Kyoto – dichiara Vanessa Pallucchi, Presidente di Legambiente Umbria – operando una chiara inversione di tendenza che porti ad un sistema energetico distribuito, fondato sul risparmio energetico e sulle fonti rinnovabili. Fino a qualche tempo fa – aggiunge Vanessa Pallucchi - si parlava di una sua riconversione a metano della Centrale di Bastardo, oggi sembra un'ipotesi completamente sfumata. Ma crediamo che occorra assolutamente ritornare a riflettere su una scelta di riconversione a gas naturale della centrale di Bastardo".
"Solo con scelte coraggiose
– conclude la Presidente di Legambiente Umbria - il nostro Paese potrà dare il suo contributo alla lotta ai cambiamenti climatici, i cui catastrofici effetti sull'ambiente e sull'economia mondiale sono stati confermati anche recentemente da fonti più che autorevoli come il rapporto Stern pubblicato dal governo britannico lo scorso ottobre, lo studio della Commissione europea presentato a gennaio 2007 e il rapporto dell'Ippc - l'organo dell'Onu che si occupa di cambiamenti climatici - approvato qualche giorno fa".

(15-02-2007)




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Pubblicato in S.Mariano - Perugia - Italia - Ultimo aggiornamento: 15-02-2007 alle :